Revisione dei dati di sicurezza cardiovascolare, epatica e renale del sofosbuvir e degli altri antivirali ad azione diretta

Laura Marzi1, Domenico Motola1 e Paola Cutroneo2

  1. Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche. Università di Bologna
  2. UOSD Farmacologia Clinica. AOU Policlinico “G. Martino” Messina

Il sofosbuvir è un farmaco antivirale, approvato nel 2014 in Europa, in combinazione ad altri principi attivi, per il trattamento dell’infezione cronica da HCV negli adulti. Agisce come inibitore selettivo dell’enzima ‘NS5B RNA-dipendente RNA polimerasi’ presente nel virus dell’epatite C bloccandone le capacità di moltiplicazione e di trasmissione dell’infezione ad altre cellule. Il sofosbuvir è attivo contro tutti i 6 genotipi virali. La durata del trattamento dipende dal genotipo virale e dal tipo di associazione con altri principi attivi antivirali.

Una recente meta-analisi (1), che ha raccolto i risultati di 9 studi condotti in pazienti che hanno subito trapianto di fegato trattati con sofosbuvir + simeprevir (con o senza ribavirina), ha mostrato che con maggiore frequenza si sono manifestati i seguenti eventi avversi: affaticamento (21%), reazioni cutanee quali rash, prurito e fotosensibilità (15%), cefalea (9%) e disturbi gastrointestinali (6%). Nella maggior parte degli studi considerati non si sono verificati casi di riduzione del dosaggio, ritiro dallo studio a causa di effetti collaterali o interruzione della terapia immunosoppressiva.
Dagli studi clinici emerge che, in seguito all’esposizione alla terapia con sofosbuvir + ribavirina, si sono verificate tra le reazioni avverse anche anemia, neutropenia ed aumento dei livelli ematici di creatinina(2).
Come per ogni nuovo farmaco, l’adozione nella pratica clinica quotidiana consente di stabilire un profilo di sicurezza più completo rispetto a quello emerso in corso di sperimentazione clinica pre-marketing. Il sofosbuvir è tuttora oggetto di numerose sperimentazioni in associazione a nuovi antivirali ad azione diretta.
Di seguito viene riportata la descrizione dello stato attuale di conoscenze in merito a potenziali aspetti di safety del sofosbuvir emersi di recente, ovvero associazione con ADR cardiache, epatiche e renali.

ADR cardiovascolari
Sono stati segnalati alcuni casi di grave rallentamento del battito cardiaco o interferenze con i segnali elettrici del cuore in pazienti che assumevano farmaci per trattare l’epatite C in concomitanza ad amiodarone.
La maggior parte di questi casi si è verificata entro 24 ore dall’inizio dell’assunzione del farmaco per l’epatite C, mentre alcuni si sono verificati in un arco di tempo massimo di 12 giorni di terapia. Su 8 casi revisionati fino ad Aprile 2015, due pazienti hanno avuto necessità di un intervento per l’impianto del pacemaker e un paziente è morto.
Ulteriori 3 casi gravi di bradicardia verificatisi durante il trattamento con sofosbuvir + daclatasvir, simeprevir o ribavirina sono stati descritti da Hélène Fontaine e coll. nel 2015 (3). In due dei tre casi si è verificata sincope. La bradicardia era dovuta a disfunzione del nodo del seno in due pazienti e a blocco atrio-ventricolare in un paziente.
Fino al Febbraio 2016 sono state inserite nella banca dati EudraVigilance 40 segnalazioni di bradicardia associate a sofosbuvir.
L’EMA (4) ha confermato il rischio di bradicardia o blocco della conduzione cardiaca associato a farmaci antivirali ad azione diretta per il trattamento dell’epatite C (sofosbuvir + ledipasvir, sofosbuvir + daclatasvir) in pazienti in trattamento concomitante con amiodarone e consiglia di evitare l’esposizione concomitante ad amiodarone (qualora non possa essere evitato/sostituito, i pazienti dovrebbero essere attentamente monitorati).
Poiché l’amiodarone persiste a lungo nell’organismo, è necessario il monitoraggio anche nei pazienti che iniziano tali trattamenti per l’epatite C durante i primi mesi successivi al termine della terapia con amiodarone.
Il meccanismo d’azione sottostante a questi effetti avversi non è stato completamente chiarito. Anche altre Agenzie Regolatorie, tra cui quella francese, hanno emanato avvisi circa il rischio di rallentamento del ritmo cardiaco, suggerendo cautela nell’iniziare la terapia con alcuni regimi di trattamento (ad esempio porre attenzione ai farmaci concomitanti, considerare i fattori di rischio, possibilmente monitorare il ritmo cardiaco all’inizio della terapia).
In un case report pubblicato di recente (5) è stato descritto il successo della terapia di 12 settimane con agenti antivirali ad azione diretta sofosbuvir + simeprevir per l’infezione da HCV in un paziente sottoposto a trapianto cardiaco. Durante il trattamento la funzionalità cardiaca ha mantenuto livelli stabili e inoltre è stato osservato un miglioramento delle funzionalità renale ed epatica.

ADR epatiche
I risultati che emergono dai principali studi clinici esaminati confermano che la terapia con antivirali ad azione diretta per l’epatite C si dimostra efficace, indipendentemente dallo stadio di danno epatico, e non risulterebbe associata ad effetti avversi rilevanti (6-9). Tuttavia, sono stati pubblicati recentemente alcuni casi clinici relativi ad insorgenza di tossicità epatica in seguito all’utilizzo di sofosbuvir e ribavirina (10) ed in associazione a ledipasvir in un paziente con concomitante infezione da HIV (11).
Il 27 gennaio 2016 il Ministero della Salute Canadese, a seguito delle evidenze emerse in Giappone di numerosi segnalazioni di gravi reazioni avverse epatiche con simeprevir, ha iniziato una revisione della safety di tale farmaco in particolare della potenziale epatotossicità (12). In data 18 marzo 2016, l’EMA ha pubblicato un avviso inerente l’avvio di una revisione sugli antivirali ad azione diretta per l’epatite C, al fine di esaminare la possibilità di riattivazione dell’epatite B e l’eventuale necessità di inserire delle misure per l’ottimizzazione del trattamento (13).

ADR renali
L’eliminazione di sofosbuvir avviene principalmente a carico del rene; pertanto è fortemente ridotta in pazienti con grave insufficienza renale. La somministrazione concomitante di farmaci induttori della glicoproteina-P deve essere evitata poiché potrebbero ridurre la biodisponibilità di sofosbuvir. Quando sofosbuvir viene co-somministrato con farmaci responsabili di danno renale, aumenta il rischio di sovraesposizione sistemica dell’antivirale (2).
I pazienti con insufficienza renale in terapia con sofosbuvir hanno presentato un elevato tasso di anemia, peggioramento della funzionalità renale ed insorgenza di eventi avversi gravi. L’esperienza clinica con questo farmaco è ancora limitata e il regime di dosaggio rimane da indagare.
Nuove evidenze relative all’uso concomitante di più agenti antivirali per l’HCV (simeprevir, ledipasvir, paritaprevir, ombitasvir, dasabuvir e daclatasvir) suggeriscono buoni risultati di efficacia nei pazienti con insufficienza renale, ma ulteriori studi potranno fornire una guida specifica per questa categoria di pazienti (14,15).

Profilo di safety della combinazione ombitasvir, paritaprevir, ritonavir (Viekirax) e dasabuvir (Exviera)

In molti paesi la terapia combinata con questi nuovi principi attivi è indicata per il trattamento dell’epatite cronica da infezione da virus C negli adulti. Dai trial di fase II e III è emerso un elevato tasso di risposta virologica negli adulti con infezione da HCV (genotipo 1) inclusi quelli con cirrosi compensata, fegato trapiantato o co-infetti da HIV. Gli effetti indesiderati più comuni attribuiti alla terapia sono rappresentati da nausea, insonnia, astenia, prurito, reazioni cutanee e fatica (16).
L’azienda produttrice ha individuato 26 casi di scompenso epatico ed insufficienza epatica – in pazienti trattati con Viekirax ed Exviera, con o senza ribavirina – segnalati a livello mondiale dopo la commercializzazione. Tali casi sono stati valutati da un gruppo di esperti epatologi indipendenti come “possibilmente” o “probabilmente” correlati al regime terapeutico.
Di questi 26 casi, 10 hanno avuto esiti gravi, ossia trapianto di fegato o decesso, e questi gravi esiti sono stati riportati, per la maggior parte, in pazienti con evidenze di cirrosi avanzata.
Sebbene il ruolo specifico della terapia antivirale sia difficile da stabilire a causa della patologia epatica sottostante e avanzata, non è stato possibile escluderne un rischio potenziale.

Casi di segnalazione spontanea di interesse dalla banca dati Eudravigilance (accesso 17 marzo 2016)

Nella bancadati Eudravigilance17 (aggiornamento febbraio 2016) sono state raccolte 3292 segnalazioni di ADR conseguenti all’esposizione a sofosbuvir tra cui, 201 casi riferibili al System Organ Class (SOC) ‘disordini cardiaci’ (79 femmine e 122 maschi), 316 riconducibili a ‘disordini epatobiliari’ (124 femmine, 192 maschi), 144 riconducibili a ‘disordini renali e urinari’ (65 femmine, 79 maschi).

I nuovi farmaci ad azione antivirale diretta hanno rivoluzionato la terapia dell’infezione da virus dell’epatite cronica C. È verosimile che nei prossimi mesi il numero di pazienti trattati a livello mondiale aumenti fortemente e ciò consentirà, con gli strumenti soliti della farmacovigilanza post-marketing ed eventualmente con studi osservazionali ad hoc, di ottenere evidenze più robuste sul loro rapporto beneficio/rischio nella pratica clinica reale.

Bibliografia

  1. Nguyen NH, et al. Tolerability and effectiveness of sofosbuvir and simeprevir in the post-transplant setting: systematic review and meta-analysis. BMJ Open Gastroenterol 2016; 3: e000066.
  2. Sofosbuvir Active against hepatitis C virus, but evaluation is incomplete. Prescrire Int 2015; 24: 5-10.
  3. Fontaine H, et al. Bradyarrhythmias associated with sofosbuvir treatment. N Engl J Med 2015; 373: 1886-8.
  4. http://www.ema.europa.eu/docs/en_GB/document_library/Press_release/2015/04/WC500186152.pdf.
  5. Trakroo S, Qureshi K. Successful treatment of chronic hepatitis C infection with direct-acting antivirals in a heart transplant recipient: a case report. Transplant Proc 2015; 47: 2295-7.
  6. Feld JJ, et al. Sofosbuvir and velpatasvir for HCV genotype 1, 2, 4, 5, and 6 Infection. N Engl J Med 2015; 373: 2599-607.
  7. Foster GR, et al. Sofosbuvir and velpatasvir for HCV genotype 2 and 3 Infection. N Engl J Med 2015; 373: 2608-17.
  8. Curry MP, et al. Sofosbuvir and velpatasvir for HCV in patients with decompensated cirrhosis. N Engl J Med 2015; 373: 2618-28.
  9. Issa D, et al. Sofosbuvir and simeprevir for the treatment of recurrent hepatitis c with fibrosing cholestatic hepatitis after liver transplantation. Int J Organ Transplant Med 2016; 7: 38-45.
  10. Dyson JK, et al. Liver toxicity associated with sofosbuvir, an NS5A inhibitor and ribavirin use. J Hepatol 2016; 64: 234–238.
  11. Marchan-Lopez A, et al. Liver failure in human immunodeficiency virus – Hepatitis C virus coinfection treated with sofosbuvir, ledipasvir and antiretroviral therapy. Journal of Hepatology 2016; 64: 749–756.
  12. http://www.hc-sc.gc.ca/dhp-mps/medeff/reviews-examens/galexos-eng.php
  13. http://www.agenziafarmaco.gov.it/sites/default/files/Direct-acting_antivirals_C_IT.pdf
  14. Saxena V, et al. Safety and efficacy of sofosbuvir-containing regimens in hepatitis C infected patients with impaired renal function. Liver Int 2016 Feb 29. doi: 10.1111/liv.13102.
  15. Sorbera MA, et al. New and emerging evidence on the use of second-generation direct acting antivirals for the treatment of hepatitis C virus in renal impairment. J Pharm Pract 2016 Feb 22. pii: 0897190016632128.
  16. Deeks ED. Ombitasvir/paritaprevir/ritonavir plus dasabuvir: a review in chronic HCV genotype 1 infection. Drugs 2015; 75: 1027-38.
  17. http://www.adrreports.eu/

Link
Il sofosbuvir può essere associato a bradiaritmia?
Rischi associati a farmaci per l’epatite C. Ministero della Salute canadese 10 novembre 2015

Ultimo aggiornamento: 04 aprile 2016