Terapia antibiotica: che dolori addominali…

A cura di Antonio Santangelo1 e di Saffi Ettore Giustini2

1UOSD Farmacologia Clinica. AOU Policlinico “G. Martino” Messina
2MMG Montale (PT) 

Storia clinica
Un paziente di 68 anni, residente in una casa di riposo per anziani, fu portato in Pronto Soccorso per la comparsa di dolore addominale, febbre 38 -39° e diarrea da alcuni giorni.
All’anamnesi patologica remota era presente una storia clinica di ipertensione arteriosa trattata con ACE-inibitori ed ipertrofia prostatica in trattamento con alfa-1 bloccanti. Il paziente era fumatore di 20 sigarette/die da oltre 30 anni.
All’anamnesi patologica prossima il paziente riferiva che da circa 10 giorni erano comparse tosse persistente e febbricola, per cui era stata prescritta una terapia antibiotica.
In regime ospedaliero eseguì indagini ematochimiche e su campioni di feci al fine di definire il quadro clinico-sintomatologico.

Nel caso descritto, applicando la scala delle probabilità di Naranjo (1), la correlazione tra esposizione ad antibiotici ed insorgenza della sintomatologia è risultata “probabile” (punteggio 7).

201610-antibiotici

La diagnosi
Colite da Clostridium difficile di origine iatrogena (assunzione di antibioticoterapia da 10 giorni).

Come porre diagnosi:
La diagnosi è confermata dall’identificazione delle tossine del C. difficile (CD) nelle feci.
Il C. difficile è un batterio, normale componente della flora saprofita intestinale.
In particolari circostanze può determinare un danno tessutale a carico della mucosa enterica attraverso l’elaborazione di due tossine (A e B) che danneggiano la mucosa intestinale provocando diarrea e colite (2,3).
Circa il 25% delle diarree associate all’uso di antibiotici è causato dal CD, il quale può determinare infezioni del tratto gastro-intestinale.
La ricerca delle tossine A e B viene consigliata come indagini di primo livello da effettuare su pazienti che presentano un corteo clinico-sintomatologico ed anamnestico compatibili con diarrea da CD (2,3).
I fattori che possono aumentare il rischio di colite da C. difficile sono rappresentati dall’assunzione di antibiotici, ambiente ospedaliero e/o case di cure, età >65 anni, immunocompromissione, presenza di patologie del colon come la malattia infiammatoria cronica intestinale, neoplasie del colon-retto, interventi chirurgici a livello intestinale (2-4).
Il quadro clinico può essere variabile sia nelle sue manifestazioni che nella sua gravità (da forme lievi paucisintomatiche fino alla temibile colite pseudomembranosa da C. difficile).

Take home message
Numerose molecole antibiotiche possono provocare un’infezione da Clostridium difficile, ma la clindamicina, le penicilline ad ampio spettro e le cefalosporine sono coinvolte con maggior frequenza.
Il personale sanitario compreso, il farmacista, sono invitati a sollecitare i pazienti ad un uso corretto degli  antibiotici rispettando  la posologia e la durata della terapia, evitando soprattutto l’utilizzo inappropriato (ad esempio nei casi di infezioni virali), anche per combattere l’antibioticoresistenza.

 

Bibliografia

  1. Naranjo CA, et al. A method for estimating the probability of adverse drug reactions. Clin Pharmacol Ther 1981; 30: 239-245.
  2. Lo Vecchio A, Zacur GM. Clostridium difficile infection: an update on epidemiology, risk factors, and therapeutic options. Curr Opin Gastroenterol 2012; 28: 1-9.
  3. Surawicz CM, McFarland LV. Pseudomembranous Colitis: Causes and Cures. Digestion 1999; 60: 91–100  (DOI:10.1159/000007633)
  4. Health Protection Agency. Clostridium difficile infection: How to deal with the problem. 2009 
Ultimo aggiornamento: 04 ottobre 2016