Attenzione alla cascata delle prescrizioni ….

… quando una reazione avversa è indotta da un farmaco prescritto per trattare un’altra reazione avversa

A cura di Paola Cutroneo. UOSD Farmacologia Clinica. AOU Policlinico “G. Martino”, Messina

Caso clinico
Una donna di 70 anni, con una storia di broncopatia cronica ostruttiva (BPCO) ben controllata e fibrillazione atriale (FA) non valvolare parossistica senza altre patologie cardiache strutturali sottostanti, venne ricoverata in un ospedale universitario per neutropenia febbrile. Il primo episodio di FA si era verificato molti anni prima e risolto spontaneamente senza terapia.
Nel 2011, durante un ricovero per bronchite presso un altro ospedale, si manifestò un nuovo episodio di FA con rapida frequenza ventricolare.
Un tentativo iniziale di controllare il ritmo tramite il sotalolo era fallito, a causa di un’intolleranza al farmaco non meglio specificata. Successivamente, la donna venne trattata con amiodarone tornando a ritmo sinusale normale e rimanendo stabile per circa due anni.
Nel 2013, la paziente aveva iniziato a manifestare affaticamento e perdita di peso e fu quindi ricoverata con FA ricorrente. Durante la degenza, venne individuato un ipertiroidismo di grado severo con livelli di tireotropina (TSH) inferiori a 0,01 mIU/L (v.n. 0,3-5,7 mIU/L) e tiroxina libera pari a 29 ng/dL (v.n. 0,5-1,2 ng/dL). La donna non aveva una storia pregressa di patologie tiroidee e la sua tireotossicosi è stata attribuita ad un effetto tossico dell’amiodarone.
Sebbene la terapia con amiodarone venga generalmente continuata in presenza di tireotossicosi, poiché l’interruzione potrebbe comportare un aggravamento delle condizioni cliniche, in questo caso il farmaco è stato sospeso a causa della persistenza della FA ricorrente.
La paziente cominciò quindi una terapia con metimazolo 30 mg/die per presunto ipertiroidismo di tipo 1 ed il controllo del ritmo fu tentato con dofetilide, sebbene periodicamente ricomparissero episodi intermittenti di FA.
Circa 1 mese dopo, la paziente fu visitata dall’endocrinologo a causa di un forte affaticamento. Alla visita, i test di laboratorio mostravano ipertiroidismo persistente e la dose di metimazolo fu aumentata a 60 mg/die. Nonostante ciò, la paziente non ebbe un miglioramento dei sintomi.
Due mesi dopo la donna si sottoponeva a visita per febbre e mal di gola. I test di laboratorio mostravano pancitopenia insieme a febbre e tireotossicosi e la donna venne ricoverata. I valori di emoglobina erano 8,1 g/dL (v.n. 12-15,5 g/dL), ematocrito 25% (v.n. 35%-45%), conta piastrinica 12×103 cell/μL (v.n. 150-450×103 cell/μL) e conta leucocitaria 800 cell/μL (v.n. 3200-9800 cell/μL), oltre ad assenza di neutrofili.

Commento
La paziente ha manifestato una reazione pericolosa per la vita (neutropenia febbrile) a un farmaco (metimazolo), prescritto a sua volta per trattare una reazione avversa di grado severo (tireotossicosi) dovuta ad un altro farmaco (amiodarone).
L’agranulocitosi è l’effetto collaterale più pericoloso associato a farmaci antitiroidei. Il rischio di agranulocitosi associato a trattamento con metimazolo è correlato sia all’età del paziente che alla dose. L’agranulocitosi con neutropenia si verifica più frequentemente nei pazienti che ricevono 60 mg/die di metimazolo rispetto alla dose di 30 mg/die (1,6% vs 0,5%) (2).

Bibliografia

  1. Rohrhoff NJ, et al. An adverse reaction to a medication given to treat an adverse reaction. JAMA Internal Medicine 2014; 174: 1035-1036.
  2. Takata K, et al. Methimazole-induced agranulocytosis in patients with Graves’ disease is more frequent with an initial dose of 30mg daily than with 15mg daily. Thyroid 2009; 19: 559-563.
Ultimo aggiornamento: 05 maggio 2016