Danno epatico grave associato all’uso di un preparato di polline di fiori in una paziente con elevata attività dell’enzima CYP3A

A cura di Antonella di Sotto, Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia “Vittorio Erspamer” – SAPIENZA Università di Roma
 
L’aumento dell’uso dei prodotti erboristici e degli integratori alimentari a base vegetale è stato accompagnato da un aumento delle segnalazioni di epatotossicità indotta da questi. Il rischio di danno epatico dipende dal prodotto vegetale ma anche dalla sensibilità del paziente [1].
 
Rollason et al. (Eur J Clin Pharmacol 2016; 72: 507-8) hanno segnalato un caso di epatite grave, associata all’uso di un preparato di polline, in una donna di 43 anni con spiccata attività enzimatica CYP3A. La paziente si è rivolta al pronto soccorso 10 giorni dopo l’inizio dei sintomi (senso di fatica, nausea, vomito ed ittero). Non presentava sintomi suggestivi di una malattia epatica cronica (eritema palmare, teleangectasie a forma di ragno ed ascite) né febbre. All’anamnesi, la donna ha dichiarato di non fare uso di alcol e sostanze di abuso e di aver assunto, nei tre giorni precedenti l’inizio della sintomatologia, cinque compresse di paracetamolo da 500 mg per il mal di testa.
Al momento del ricovero, gli esami di laboratorio hanno evidenziato l’alterazione di alcuni parametri epatici, in particolare AST (1971 UI/L; range normale 11-42), ALT (2940 UI/L; range normale 9-42), γ-glutamiltransferasi (98 UI/L; range normale 9-35) e bilirubina sierica (71 mmol/L al momento del ricovero; successivo incremento fino a 138 mmol/L; range normale 7-25). Di contro, sono risultati negativi i test per i virus dell’epatite (da A ad E), Citomegalovirus ed Epstein-Barr. Non era presente ipergammaglobulinemia e gli anticorpi anti-muscolo liscio erano sotto la soglia di rilevamento. L’ecografia addominale non ha evidenziato anomalie morfologiche del fegato né ostruzione delle vie biliari. A 5 giorni dal ricovero, è stata effettuata una biopsia epatica e l’esame istologico ha evidenziato la presenza di una estesa necrosi epatocellulare, prevalentemente lobulare, con infiammazione portale, endotelite focale della vena porta e segni di colestasi.
Ad una seconda anamnesi, è emerso che prima del manifestarsi della sintomatologia, la paziente aveva assunto un cucchiaio di polline di fiori al giorno, per un periodo di 3 o 4 settimane, per contrastare una forma di astenia. Il polline era stato raccolto dal marito nei campi e la preparazione era stata fatta in casa, come già altre volte in precedenza.
La paziente è stata sottoposta a trattamento con N-acetilcisteina e vitamina K ed è stata dimessa dopo dieci giorni di ricovero; i valori degli enzimi epatici si sono normalizzati dopo due mesi.
Il polline è stato sottoposto ad analisi fitochimica, evidenziando la presenza di elevate quantità di echimidina (104,0 ± 20,8 µg/kg prodotto), un alcaloide pirrolizidinico noto per la capacità di indurre epatotossicità in seguito alla formazione, mediata dagli enzimi CYP2B6 e CYP3A4, di un metabolita attivo [2]. Il test di fenotipizzazione enzimatica ha evidenziato nella paziente una spiccata attività dell’enzima CYP3A, che potrebbe aver determinato la formazione di elevati livelli del metabolita tossico dell’echimidina, con conseguente tossicità epatica.
L’associazione tra la reazione di epatotossicità ed il preparato di polline è stata valutata dagli  Autori e giudicata “possibile” utilizzando la scala diagnostica di Maria e Victorino [3] e “probabile” utilizzando il metodo RUCAM/CIOMS [4].
 
Discussione
Il caso riportato evidenzia come la sensibilità individuale possa essere determinante nell’induzione di reazioni avverse a livello epatico, in particolare di tipo idiosincrasico [5].
La paziente, che ha manifestato la reazione avversa, presentava una spiccata attività dell’enzima CYP3A come fattore di rischio. L’attività dell’enzima CYP3A è fortemente variabile a livello individuale e sembra essere particolarmente elevata nel sesso femminile, che pertanto può presentare risposte farmaco-tossicologiche differenziate. Chiaramente altri meccanismi possono essere coinvolti, come una variazione in altre vie metaboliche detossificanti [6].
Il caso riportato sottolinea inoltre il rischio insito nell’automedicazione, soprattutto se fatta con preparati “casalinghi”. Nel caso particolare, il polline è risultato contenere una elevata quantità di alcaloidi pirrolizidinici.
La tossicità epatica di queste sostanze è ben nota tanto che in Italia, piante medicinali contenenti alcaloidi pirrolizidinici, quali la tossilagine (Tussilago farfara L.), la consolida maggiore (Symphytum officinale L.) e il senecione comune (Senecio vulgaris L.), non sono ammesse negli integratori alimentari [7].
In altri Paesi è ammesso un limite massimo di 1 µg/kg di droga vegetale. Germania, Austria e Regno Unito hanno adottato misure specifiche per tenere sotto controllo la contaminazione da alcaloidi pirrolizidinici nei prodotti vegetali, fissando un limite di assunzione giornaliera di 1 µg, limite che in 3 anni dovrà scendere a 0,35 µg, secondo quanto raccomandato dal Comitato dei medicinali di origine vegetale (HMPC) dell’EMA, sulla base di un’opinione EFSA [8,9].
 
Commento
Nel case report gli Autori attribuiscono la reazione avversa agli alcaloidi pirrolizidinici contenuti nel polline che, nel soggetto con elevata attività del CYP3A, potrebbero aver indotto la formazione di una quantità eccessiva di metabolita tossico con conseguente epatotossicità.
A nostro avviso va considerato anche il fatto che la paziente, nei 3 giorni precedenti l’inizio della sintomatologia, aveva assunto paracetamolo. Questo, come noto, può essere trasformato dal CYP3A nel metabolita tossico N-acetil-benzochinone-immina che in condizioni normali viene coniugato dal GSH. L’elevata attività del CYP3A potrebbe tuttavia aver generato una quantità eccessiva del metabolita tossico del paracetamolo, con conseguente danno epatico.
Il polline e il paracetamolo potrebbero, quindi, aver entrambi contribuito al danno epatico nella paziente con elevata attività del CYP3A.
 
La percezione del rischio di reazioni avverse (soprattutto a livello epatico) da prodotti a base di piante medicinali appare ancora scarsa e richiede una maggiore informazione dei consumatori.
 
Fonte
Rollason V, et al. Severe liver injury due to a homemade flower pollen preparation in a patient with high CYP3A enzyme activity: a case report. Eur J Clin Pharmacol 2016; 72: 507-8.

 

Bibliografia

  1. Navarro VJ, et al. Liver injury from herbal and dietary supplements. Hepatology 2017; 65: 363-373.
  2. Zhou SF, et al. Metabolic activation of herbal and dietary constituents and its clinical and toxicological implications: an update. Curr Drug Metab 2007; 8: 526–553.
  3. Maria V, Victorino R. Development and validation of a clinical scale for the diagnosis of drug-induced hepatitis. Hepatology 1997; 26: 664–669.
  4. Danan G, Benichou C. Causality assessment of adverse reactions to drugs—I. A novel method based on the conclusions of international consensus meetings: application to drug-induced liver injuries. J Clin Epidemiol 1993; 46: 1323–1330.
  5. Cho T, Uetrecht J. How reactive metabolites induce an immune response that sometimes leads to an idiosyncratic drug reaction. Chem Res Toxicol 2017; 30: 295-314.
  6. Zanger UM, Schwab M. Cytochrome P450 enzymes in drug metabolism: regulation of gene expression, enzyme activities, and impact of genetic variation. Pharmacol Ther 2013; 138: 103–141.
  7. http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pagineAree_1268_listaFile_itemName_3_file.pdf
  8. http://www.ema.europa.eu/docs/en_GB/document_library/Public_statement/2016/06/WC500208195.pdf
  9. EFSA Panel on Contaminant in the Food Chain (CONTAM). Scientific opinion on pyrrolizidine alkaloids in food and feed. EFSA J 2011; 9: 2406.

 

Ultimo aggiornamento: 06 aprile 2017