Classificazione della sicurezza di medicinali a base di piante impiegati in gravidanza, in uno studio multinazionale

A cura di Annabella Vitalone. Dipartimento Fisiologia e Farmacologia “V. Erspamer”, Sapienza – Università di Roma

(tratto da Kennedy DA, et al. Safety classification of herbal medicines used in pregnancy in a multinational study. BMC Complementary and Alternative Medicine 2016; 16: 102)

L’uso di prodotti contenenti piante medicinali per la prevenzione ed il trattamento di diverse patologie è in aumento in tutto il mondo. Recenti dati internazionali indicano una loro vendita pari a circa 93 miliardi di dollari per il 2015, rispetto ai 33 miliardi di euro del 2010 [Dennis, 2012]. Il loro uso riguarda anche le donne in gravidanza (prevalenza variabile dall’1 al 60%) [Hall et al., 2011]; l’Italia, come tasso di prevalenza d’uso, si colloca al secondo posto in classifica (48% di utilizzatrici) dopo il Regno Unito (58%) e prima di Australia (34%), Stati Uniti e Canada (6-9%).
Questo studio multinazionale è stato condotto in 18 paesi di Europa, Nord America e Australia. Obiettivo primario è stato quello di valutare e classificare, sulla base della sicurezza e dei rischi eventualmente presenti, le piante medicinali usate, per disturbi di varia natura, da donne in gravidanza. Dopo avere ottenuto il consenso informato, è stato somministrato un questionario on line che ha consentito di intervistare e di eleggere quale campione finale utile all’analisi, 9113 donne in gravidanza, il 29% delle quali ha riportato di usare prodotti contenenti piante medicinali. Tra questi sono stati considerati solo quelli che rientravano nella definizione OMS di “herbal medicines” (i.e., “qualsiasi medicinale a base di piante, materiali vegetali, preparati a base di piante e prodotti erboristici finiti, che contengono ingredienti come parti attive di piante, altri materiali vegetali, o loro combinazioni”) [WHO, 2000].
Per la valutazione della sicurezza si è partiti da alcuni presupposti: 1. sono state considerate le piante medicinali come tali e non loro estratti, preparati concentrati o costituenti isolati; 2. le quantità consumate erano compatibili con un uso congruo e per una idonea via di somministrazione; 3. se venivano assunte più piante medicinali, la relativa sicurezza è stata valutata per le singole. Sulla base di questi assunti e utilizzando dati riportati da database autorevoli (e.g. Pubmed, Biomedical Reference Collection, MEDLINE), le piante sono state classificate come: sicure in gravidanza; prestare cautela nel loro uso (sono disponibili pochi dati, o esistono evidenze che suggeriscono di utilizzarle solo sotto la supervisione medica); controindicate (possono esercitare un impatto negativo sulla gravidanza o sul feto); sicurezza non nota (non esistono conoscenze per esprimere un parere).
Dalle interviste è emerso che l’89% delle intervistate utilizzava per lo più 126 piante medicinali; di queste solo il 22% può essere considerato sicuro, mentre per le altre piante, utilizzate da oltre il 50% delle donne in gravidanza, o non se ne conosce l’attività (9%), oppure sono da considerarsi come controindicate (21%), o da usarsi con cautela (48%) in questa condizione. Premesso che in funzione del paese di provenienza esistono diversità nell’uso di alcune piante (per dettagli si rimanda allo studio originale), le piante medicinali utilizzate più di frequente e classificate come richiedenti cautela in gravidanza sono state: Valeriana officinalis, Rubus idaeus e  Rosa canina. Le piante più frequentemente utilizzate che risultano controindicate in gravidanza sono state: Vaccínium vitis-idaéa, Levisticum officinale e Leonurus cardiaca. Le piante per le quali non sono disponibili dati sulla sicurezza in gravidanza vengono utilizzate in verità raramente e da poche donne (1%) e sono, ad esempio: Aronia melanocarpa, Bidens tripartita, Calluna vulgaris, Hippophae rhamnoides, ecc. Le piante che invece possono essere considerate sicure sono: Zingiber officinale, Vaccinium macrocarpon e Mentha x piperita. L’uso ricorrente da parte delle donne in gravidanza di Zingiber officinale, Vaccinium macrocarpon e Rubus idaeus è riportato anche da altri studi [Dante et al., 2013].

Commento

In passato, altri studi hanno valutato la conoscenza delle piante medicinali da parte delle donne in gravidanza e ciò che è emerso è che la stragrande maggioranza delle intervistate le considera più sicure dei farmaci (senza considerare che molti dei prodotti contenenti piante medicinali non hanno ricevuto alcun tipo di sperimentazione) e, sebbene conoscano davvero poco anche delle piante più note (e.g., uva ursina, echinacea, ginkgo, melissa, iperico, valeriana), le usano [Nordeng & Havnen, 2005]! Le preoccupazioni ascrivibili all’uso delle piante medicinali in gravidanza riguardano: la facile reperibilità (che rende tali prodotti spesso accessibili sulla base del consiglio di amici e parenti, ma senza la supervisione medica), la potenziale teratogenicità, le proprietà emmenagoghe, un aumentato rischio di sanguinamento materno, l’impatto sugli ormoni neonatali ed altri fattori non prevedibili che possono influenzare lo sviluppo del feto.
Qualche commento relativo a piante specifiche è pertanto doveroso.
L’uso, ad esempio, nella profilassi e trattamento delle infezioni delle vie urinarie di Vaccinium macrocarpon (riportato nel 55% dei casi delle donne in gravidanza) è considerato, sulla base di studi clinici, come sicuro. Tuttavia, un impatto sfavorevole sulla gravidanza può essere esercitato direttamente dall’infezione, verso cui l’efficacia di Vaccinium macrocarpon è, tra l’altro, davvero scarsa [Heitmann et al., 2013].
Rubus idaeus, nonostante la sua lunga tradizione d’uso, è stata classificata come pianta da utilizzarsi con cautela in gravidanza. Questo perché l’evidenza scientifica dell’uso è riportata da un solo studio clinico e, sebbene non siano stati riportati effetti indesiderati, non sono stati riscontrati benefici [Dante et al., 2013].
Leonarus cardiaca e Levisticum officinale (utilizzate dall’11% delle donne russe) sono tra le piante classificate come controindicate in gravidanza, a causa delle loro proprietà emmenagoghe.
Esistono poi altri numerosi parametri che vanno a complicare la definizione di un quadro di sicurezza per le piante medicinali in gravidanza, primo fra tutti il fatto che i dati della ricerca preclinica, condotta su animali da esperimento, non siano necessariamente direttamente trasferibili all’uomo. Inoltre le piante medicinali sono spesso utilizzate in associazione tra loro (o presenti in prodotti multicomponenti) e gli studi esistenti in letteratura generalmente non considerano la sicurezza di piante usate in combinazione, tralasciando l’eventuale interazione tra le stesse. Proprio in questo settore sono necessarie rigorose informazioni di sicurezza. Questo studio inoltre non tiene conto, come riportato dagli stessi autori, della difficoltà di condurre una reale stima dell’uso di piante medicinali in gravidanza, visto che le donne intervistate sottovalutano tale situazione. Esso, infine, non fa riferimento alla parte della pianta che è stata utilizzata, ad una tipologia di estratto, alla dose o durata del trattamento, ecc. L’acquisizione di tali fattori avrebbe consentito una più estesa valutazione della sicurezza o di eventuali precauzioni d’uso per tali prodotti.
Ciò che al momento possiamo concludere è che la scarsità degli studi clinici disponibili, relativamente all’uso di prodotti contenenti piante medicinali in gravidanza, è ancora in netto contrasto con l’uso diffuso che tali donne ne fanno e, nell’incertezza di un rischio, sarebbe meglio sconsigliare tali prodotti.

Bibliografia

Ultimo aggiornamento: 08 febbraio 2017