Epatite colestatica a seguito di assunzione di artemisinina

A cura di Silvia Di Giacomo, Dipartimento Fisiologia e Farmacologia “V. Erspamer”, Sapienza Università di Roma

Gli integratori alimentari a base di piante medicinali rappresentano una causa importante di danno epatico (1). L’artemisinina, nota anche come Qinghaosu, è un composto di origine naturale ampiamente utilizzato nel trattamento della malaria, anche nei confronti di ceppi di plasmodio resistenti alla clorochina (2).
La terapia di associazione a base di derivati dell’artemisinina per il trattamento della malaria è approvata dalla Food and Drug Administration e raccomandata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) (3).
Sulla rivista Hepatology è stato pubblicato un caso di grave danno epatico secondario all’uso di artemisinina in monoterapia (4).

Una donna di 43 anni si è presentata al Centro per Malattie Epatiche e Trapianti dell’Aurora St. Luke’s Medical Center (Milwaukee, Wisconsin, USA) con sintomi di artralgia e ittero che perduravano da 1 settimana.
La donna negava precedenti malattie epatiche, viaggi fuori degli Stati Uniti, uso di alcool o altri fattori di rischio per l’epatite virale. I test epatici effettuati 6 mesi prima erano normali mentre quelli effettuati al momento rivelavano: bilirubina totale 15,4 mg/dL, alanina aminotransferasi (ALT) 675 U/L (valori normali <40), aspartato aminotransferasi 175 U/L (valori normali <40), fosfatasi alcalina (ALP) 208 U/L (valori normali <126) e un INR (International Normalized Ratio) di 1,1. L’ecografia e la risonanza magnetica epatica e la risonanza magnetica colangiopancreatica erano nella norma. I test per l’epatite A, B, e C, per il virus di Epstein-Barr e per l’infezione da citomegalovirus erano negativi, così come gli autoanticorpi (anti-nucleo, anti-muscolo liscio, e anti-mitocondrio). Il test per il virus dell’epatite E non è stato effettuato. I livelli ematici di paracetamolo non erano rilevabili.
Dopo una settimana dalla prima visita, veniva effettuata una biopsia epatica e questa rivelava la presenza di epatite colestatica con marcata colestasi e lieve infiammazione portale e lobulare. A seguito di un ulteriore colloquio, la donna ammetteva di assumere due-tre volte al giorno, su iniziativa personale, per il mantenimento generale della salute, un supplemento a base di piante medicinali contenente 125 mg di artemisinina. L’assunzione era iniziata circa 6 settimane prima dei sintomi. L’integratore era stato acquistato presso un negozio locale di alimenti per la salute senza supervisione medica e non riportava la presenza di altri componenti attivi. La donna negava di assumere altri medicinali, da banco o su prescrizione, o supplementi a base di piante medicinali. Pertanto, è stata effettuata una diagnosi di danno epatico indotto da integratori alimentari a base vegetale e l’assunzione di artemisinina è stata interrotta. Ne è seguito un graduale miglioramento dei parametri clinici e biochimici e la paziente è rimasta asintomatica, con parametri epatici normali, per 1 anno. Il rechallenge con artemisinina non è stato eseguito.
La valutazione dell’imputabilità, effettuata applicando il RUCAM (Roussel Uclaf Causality Assessment Method) score ha fornito un punteggio corrispondente a 7, suggerendo così un’associazione “probabile” tra epatite e assunzione del prodotto.

Derivati dell’artemisinina sono ampiamente utilizzati in combinazione con altri farmaci antimalarici, compresa l’amiodachina. Questi regimi di associazione, non la monoterapia con artemisinina o suoi derivati, sono raccomandati dall’OMS per il trattamento della malaria da Plasmodium falciparum o da ceppi di Plasmodium vivax clorochina-resistenti.
Nonostante il loro largo impiego in questo ambito, casi di grave danno epatico a seguito di  associazioni di farmaci antimalarici con artemisinina e suoi derivati sono estremamente rari (5). 

In sintesi

Il presente caso sottolinea quanto il danno epatico da integratori alimentari a base vegetale sia diffuso e la necessità, oltre che di segnalare, di caratterizzare l’epatotossicità indotta da questi prodotti,  considerando il loro vasto impiego. Ulteriori studi sono necessari per identificare le caratteristiche che predispongono gli individui a tale danno e i marcatori biologici che potrebbero aiutare a prevederlo.

Bibliografia

  1. Navarro VJ, et al. Liver injury from herbals and dietary supplements in the U.S. drug-induced liver injury network. Hepatology 2014; 60: 1399-1408.
  2. Klayman DL. Qinghaosu (artemisinin): an antimalarial drug from China. Science 1985; 228: 1049-1055.
  3. World Health Organization. WHO Guidelines for the treatment of malaria, 2nd ed. 2010. Available at: http://www.who.int/malaria/publications/atoz/9789241547925/en/index.html. Accessed February 15, 2015.
  4. Kumar S. Cholestatic liver injury secondary to artemisinin. Hepatology 2015; 62: 973-974.
  5. Guevart E, Aguemon A. Two cases of fulminant hepatitis during a curative treatment with an artesunate-amodiaquine combination. Med Mal Infect 2009; 39: 57-60.
Ultimo aggiornamento: 28 luglio 2016