Reazioni avverse immuno-correlate associate a nivolumab e pembrolizumab

A cura di Valentina Isgrò. UOSD Farmacologia Clinica. AOU Policlinico “G. Martino”, Messina

La terapia con gli anticorpi anti-PD-1 è associata all’insorgenza di eventi avversi a carico del sistema immunitario. In considerazione dell’efficacia dimostrata nei trial clinici in vari tipi di neoplasie, ci si aspetta che il loro impiego terapeutico aumenti rapidamente; è opportuno dunque che i clinici siano consapevoli anche dei potenziali effetti indesiderati di queste nuove molecole.
Sulla rivista Cancer Treatment Reviews è stato pubblicato un articolo (1) in cui vengono riportati i risultati di uno studio che riassume i dati di sicurezza disponibili sulla tossicità immuno-correlata per due inibitori PD-1: nivolumab e pembrolizumab.

Lo studio passa in rassegna l’incidenza, la cinetica di insorgenza e la risoluzione degli “eventi avversi di interesse specifico” (AEOSI, Adverse Events of Special Interest) a carico del sistema immunitario di nivolumab e pembrolizumab, due nuove opportunità di trattamento in ambito oncologico.
I dati sull’incidenza degli eventi avversi riportati durante i trial registrativi sono stati estratti dalle valutazione prodotte ed accessibili al pubblico dell’Agenzia regolatoria europea (EMA, Agenzia Europea per i Medicinali) e di quella statunitense (FDA, Food and Drug Administration).
In base alle norme riconosciute a livello internazionale per la definizione e la classificazione delle reazioni avverse da farmaco (ADR), è stata calcolata l’incidenza degli eventi avversi immuno-correlati, riferiti essenzialmente a sei diverse aree anatomiche (individuate secondo la classificazione SOC, System Organ Class): reazioni cutanee, gastrointestinali, polmonari, endocrine, renali ed epatiche.
Per la classificazione del grado di severità sono stati applicati i Criteri Comuni di Tossicità del National Cancer Institute (NCI-CTC) statunitense. L’incidenza di AEOSI è stata esaminata in termini di potenziali differenze tra le popolazioni di pazienti (melanoma versus carcinoma polmonare non a piccole cellule, NSCLC) e tra i due principi attivi (nivolumab versus pembrolizumab).

Risultati 

  • È stato concordato tra l’EMA e l’industria produttrice un ampio programma formativo quale procedura di minimizzazione del rischio aggiuntivo per i sei eventi principali registrati – rash, colite, polmonite, endocrinopatie, disfunzione renale (nefrite) ed epatite. Nel caso di pembrolizumab, oltre a quelli precedentemente elencati, sono stati identificati altri eventi quali uveite, pancreatite, diabete mellito di tipo I e miosite.
  • Le ADR più comuni verificatesi negli studi clinici principali erano a carico della cute ed includevano prurito, rash, dermatite, eritema, eritrodisestesia palmo-plantare, reazioni di fotosensibilità, necrolisi epidermica tossica, orticaria e vitiligine. Nel melanoma avanzato, la frequenza di eventi avversi cutanei idiopatici era superiore di circa il 40% rispetto al NSCLC.
    Gli studi clinici hanno anche riportato reazioni in sede di infusione di grado severo. La frequenza di queste reazioni, insieme con le reazioni di ipersensibilità di qualsiasi grado, variava per nivolumab dall’1,6% (nei pazienti con NSCLC) al 5,3% (nel caso del melanoma). In tutti i pazienti trattati con pembrolizumab, la frequenza di tali episodi era del 2%. In caso di reazione in sede di infusione di grado severo, la somministrazione di nivolumab deve essere sospesa, somministrando una terapia medica appropriata, ad esempio a base di glucocorticoidi sistemici ed antistaminici.
  • Relativamente ai disordini gastrointestinali, nel 9% dei pazienti con carcinoma polmonare e nel 17% dei pazienti con melanoma, sono stati osservati casi di diarrea o colite di qualsiasi grado associata a trattamento con nivolumab. La frequenza di colite variava da 1,2% a 2,8% dei pazienti con melanoma trattati col pembrolizumab in base al dosaggio ed alla frequenza delle somministrazioni. Il tempo mediano di insorgenza di AEOSI era di circa 6 settimane per nivolumab; molto più lungo (18 settimane) per la colite, di qualsiasi grado, comparsa durante la terapia con pembrolizumab. Quando si sospetta diarrea immuno-correlata, si raccomanda un approccio graduale a seconda della sua severità.
  • Le reazioni avverse a carico dell’apparato respiratorio avevano un’incidenza fino al 13% (per il cancro ai polmoni) e 9% (per il melanoma) nel caso del nivolumab. Per pembrolizumab, sono state riscontrate ADR a carico delle vie respiratorie nel 14% dei pazienti trattati per melanoma. La principale reazione avversa respiratoria immuno-correlata è stata la polmonite con una severità di grado 3-4 osservata fino all’1,6% dei pazienti. Essa rappresenta l’evento correlato al trattamento che più comunemente ha comportato la sospensione dell’immunoterapia.
  • Nel 10% di tutti i pazienti trattati con terapia anti-PD-1 sono stati osservati disturbi endocrini di qualsiasi grado. Queste tossicità a carico del sistema endocrino interessano principalmente la ghiandola tiroidea: ipotiroidismo (4-8%) e ipertiroidismo (2-3%) e, meno comunemente, tiroidite acuta (1%). Raramente si sono verificati di ipofisite (0,2-1%), ipopituitarismo (0,1-0,2%) e diabete mellito di tipo 1 (0,1%).
    I sintomi che possono indicare disfunzioni endocrine includono cefalea insolita, stanchezza estrema, aumento di peso o perdita di peso, cambiamenti di umore o di comportamento, così come la diminuzione del desiderio sessuale, irritabilità o svogliatezza, vertigini o svenimento, perdita di capelli, sensazione di freddo, stipsi e tono di voce più profondo. Generalmente i disordini endocrini insorgono in un tempo variabile da 4 a 18 settimane dall’inizio del trattamento.
  • Le patologie renali e urinarie sono eventi avversi frequenti osservati fino al 3% dei pazienti trattati con nivolumab. Per quelli in terapia con pembrolizumab, la percentuale varia dall’1% fino al 3,3% in funzione delle variazioni di dosaggio del farmaco. Il tempo mediano di comparsa di eventi renali è molto variabile, da 6 a 10,5 settimane e fino a 30 settimane per un diverso regime di pembrolizumab.
  • Eventi avversi epatici correlati alla terapia si manifestano come un aumento asintomatico dei livelli ematici dei test di funzionalità epatica, principalmente AST, ALT e gamma-GT, raramente la bilirubina. Il tempo mediano di insorgenza è molto variabile, 25 settimane in pazienti affetti da cancro del polmone, 4 settimane in pazienti affetti da melanoma trattati con nivolumab e 19 settimane in pazienti trattati con pembrolizumab.
    Questo aumento dei valori di funzionalità epatica richiede controlli di laboratorio regolari. In caso di interruzione del trattamento, di solito il rientro ai valori fisiologici avviene entro 2-6 settimane.

In sintesi
Gli eventi avversi immuno-correlati che si manifestano nel corso di una terapia con anticorpi anti-PD-1 sono in genere reversibili e ben gestibili con la terapia immunosoppressiva, inclusi i corticosteroidi (es. metilprednisolone) e immunosoppressori non steroidei da utilizzare in caso di immunotossicità di lunga durata refrattaria/recalcitrante. La diagnosi precoce di AEOSI ed uno stretto monitoraggio clinico sono essenziali per una gestione adeguata del trattamento e per minimizzare i rischi.

Bibliografia

  1. Eigentler TK, et al. Diagnosis, monitoring and management of immune-related adverse drug reactions of anti-PD-1 antibody therapy. Cancer Treatment Reviews 2016; 45: 7–18.

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Ultimo aggiornamento: 02 maggio 2016