Esposizione a rivaroxaban e danno epatico: evidenze dalla letteratura

Domenico Motola e Laura Marzi. Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche. Università di Bologna

Il rivaroxaban è un inibitore selettivo e competitivo del fattore Xa ed è attualmente autorizzato in molti paesi per la prevenzione dell’ictus nei pazienti con fibrillazione atriale non valvolare e nella prevenzione della trombosi venosa profonda (a seguito di interventi chirurgici in ortopedica, etc.). Oltre al rivaroxaban, attualmente sono utilizzati il dabigatran, l’apixaban e, ultimo arrivato in ordine di tempo, l’edoxaban. Il rivaroxaban viene somministrato una volta al giorno e al momento non sono richiesti test di coagulazione per il monitoraggio terapeutico.
Gli effetti indesiderati più comuni attribuiti al farmaco includono le emorragie (in particolare a carico dell’apparato gastrointestinale), reazioni cutanee e aumento dei livelli serici delle transaminasi epatiche.

A partire dal 2014 sono emerse, e poi nel tempo sono aumentate, le evidenze a sostegno dell’associazione tra rivaroxaban e danno epatico grave di cui segue una breve trattazione.

  • Nel 2014 (1) sono stati individuati in Svizzera i primi 14 casi di danno epatico in pazienti che avevano iniziato la terapia con rivaroxaban tra i 3 e i 60 giorni antecedenti alla comparsa dei sintomi. In questi casi sono state riportate soprattutto reazioni di tipo colestatico, ittero, aumento dei livelli serici di bilirubina e fosfatasi alcalina. In 2 casi la biopsia ha confermato il danno dell’organo.
  • Sempre nel 2014 (2) sono stati pubblicati altri due case-report di danno epatico di grado severo verosimilmente associati a trattamento con rivaroxaban.
    • Il primo paziente era un uomo di 52 anni che ha sviluppato danno epatocellulare con iperbilirubinemia 2 mesi dopo l’inizio della terapia con rivaroxaban 10 mg al giorno. Tutti i farmaci assunti dal paziente (pantoprazolo, dipirone, ibuprofene e rivaroxaban) sono stati sospesi ed è stata eseguita una biopsia che ha evidenziato un quadro epatico compatibile con danno da farmaci. I segni e i sintomi della reazione avversa si sono attenuati rapidamente al dechallenge fino a normalizzazione dei parametri 14 giorni dopo la sospensione. La correlazione causale è stata classificata come “possibile”.
    • Il secondo caso riguardava una paziente di 73 anni che aveva ricevuto rivaroxaban 10 mg al giorno per la prevenzione della trombosi venosa profonda. Quattro settimane dopo l’inizio del trattamento con rivaroxaban, ha sviluppato ittero e prurito. I test diagnostici hanno rivelato la presenza di lesioni miste a livello del fegato oltre ad ipertransaminasemia e iperbilirubinemia. Il rivaroxaban è stato interrotto il giorno del ricovero, mentre è stata proseguita la somministrazione di levotiroxina e lisinopril con cui la paziente era in trattamento. La paziente è guarita completamente 12 giorni dopo la sospensione del farmaco. La correlazione causale è stata classificata come “probabile”.

La valutazione dei casi sospetti di danno epatico da farmaci consiste quindi in 2 importanti processi diagnostici: a) l’esclusione di altre cause di danno epatico (per entrambi i casi); b) l’individuazione di una manifestazione della patologia temporalmente correlata all’esposizione al farmaco. Il quadro clinico di danno epatico era abbastanza simile nei 2 pazienti: entrambi hanno manifestato nausea, perdita di appetito ed ittero e un rapido miglioramento dopo la sospensione della terapia con rivaroxaban.

  • Nel 2015 (3) è stato pubblicato un case report relativo a una donna di 89 anni, con storia di fibrillazione atriale parossistica, che ha sviluppato insufficienza epatica acuta 7 giorni dopo aver iniziato la terapia con rivaroxaban 20 mg/die, per la prevenzione di eventi tromboembolici in seguito ad un evento di insufficienza cardiaca congestizia biventricolare. La paziente non presentava storia di malattie epatiche, abuso di alcol o di farmaci, non assumeva erbe medicinali e i test di laboratorio avevano escluso un’eziologia virale o autoimmune. Tutti i farmaci con cui la paziente era in trattamento (amiodarone, acido acetilsalicilico, clopidogrel, esomeprazolo e rivaroxaban) sono stati sospesi e, in seguito al dechallenge, i livelli di aminotransferasi si sono ridotti rapidamente. Nonostante le terapie e le cure di supporto, la paziente ha sviluppato insufficienza multiorgano ed è deceduta. L’ipotesi di danno epatico indotto da rivaroxaban è stata confermata dalla valutazione del nesso di causalità. La correlazione causale è stata classificata come “probabile” sulla base della stretta correlazione temporale, del dechallenge positivo e del rischio di epatotossicità noto per rivaroxaban. Tuttavia, il rischio di tossicità del rivaroxaban potrebbe essere stato aggravato dalla presenza di comorbilità. Non è da escludere che al danno epatico abbia contribuito l’interazione farmacologica tra amiodarone e rivaroxaban.
  • In un altro studio (4), condotto su pazienti ospedalizzati per episodi di trombosi venosa profonda nel Dipartimento di Malattie Vascolari di Strasburgo, sono stati riportati 5 casi di danno epatico indotto da farmaci per i quali è stata individuata una correlazione con il rivaroxaban. In tutti i casi, la terapia (rivaroxaban 15 mg/die) era stata iniziata poco tempo prima dell’insorgenza dei sintomi. Tenendo conto anche delle terapie concomitanti, il ruolo causale del rivaroxaban è stato considerato “possibile” in due pazienti, “probabile” in altri due casi e “altamente probabile” nell’altro.
    Nei 5 casi descritti in questo articolo, alcuni pazienti presentavano embolia polmonare a basso rischio (4 casi) e 1 caso era di grado basso-intermedio senza cuore polmonare acuto. L’embolia polmonare ha un impatto sul cuore e a sua volta sul fegato, rappresentando un fattore di rischio confondente per l’aumento degli enzimi epatici.
  • Fino al Gennaio 2015 la banca dati Eudravigilance ha raccolto 29.536 report di sospette ADR da rivaroxaban, di cui 574 riconducibili ad alterazioni epatiche.
  • Sempre nel 2015, una possibile associazione tra esposizione a rivaroxaban e danno epatico è stata osservata in un’analisi di disproporzionalità su dati di segnalazione spontanea negli Stati Uniti (5).
  • Aslan AN e coll. nel 2016 (6) hanno descritto un caso di ittero severo di tipo colestatico verosimilmente associato a rivaroxaban. Si tratta del primo caso di ittero riportato in letteratura probabilmente provocato da colestasi intraepatica da rivaroxaban. Il caso ha coinvolto un paziente di 71 anni con storia pregressa di bypass coronarico, fibrillazione atriale, insufficienza cardiaca con impianto di device, diabete mellito di tipo II, BPCO e ipertensione, in trattamento con l’anticoagulante per la prevenzione della fibrillazione atriale. All’ospedalizzazione i test della funzionalità epatica hanno rilevato elevati livelli di enzimi epatici, bilirubina e creatinina. Inoltre, ad un esame diagnostico il dotto biliare e il coledoco sono risultati nella norma; tuttavia, sono stati osservati depositi biliari nella cistifellea, calcoli, ittero diffuso nelle sclere e in tutto il corpo. Sono stati esaminati tutti i farmaci assunti dal paziente e i clinici hanno attribuito un ruolo causale del rivaroxaban. La terapia è stata interrotta e si sono verificati miglioramenti sia clinici che dei parametri biochimici; tuttavia l’ittero non è scomparso completamente nelle 6 settimane successive.

Il meccanismo d’azione sottostante l’epatotossicità indotta da rivaroxaban non è ancora del tutto conosciuto; tuttavia, tramite le biopsie condotte in alcuni pazienti, è stato possibile escludere un meccanismo di tipo immuno-mediato, suggerendo l’ipotesi che la tossicità causata da rivaroxaban e/o dai suoi metaboliti sia mediata da un’azione che coinvolge il metabolismo del farmaco. La maggior parte degli autori conclude che il trattamento con rivaroxaban può essere associato a gravi lesioni epatocellulari. Dopo sospensione della terapia i pazienti hanno mostrato un rapido miglioramento sia clinico che biochimico ed, in seguito, una guarigione completa.

I medici devono essere consapevoli di questa reazione avversa da farmaco potenzialmente grave e dunque dovrebbero evitarne l’uso nei pazienti a rischio. Inoltre, devono informare i pazienti sui possibili sintomi iniziali di danno epatico suggerendo l’immediata interruzione del trattamento con rivaroxaban in caso di insorgenza di tali sintomi. Data la disponibilità in letteratura di altri casi analoghi, si suggerisce l’inserimento di uno specifico avvertimento nella scheda tecnica del medicinale.

Bibliografia

  • Prescrire International 2015; 24: 268.
  • Liakoni E, et al. Symptomatic hepatocellular liver injury with hyperbilirubinemia in two patients treated with rivaroxaban. JAMA Intern Med 2014; 174: 1683-6.
  • Baig M et al. Acute liver failure after initiation of rivaroxaban: a case report and review of the literature. N Am J Med Sci 2015; 7: 407-10.
  • Lambert A et al. Rivaroxaban-induced liver injury: Results from a venous thromboembolism registry. Int J Cardiol 2015; 191: 265-6.
  • Raschi E. et al. Liver injury with novel oral anticoagulants: assessing post-marketing reports in the US Food and Drug Administration adverse event reporting system. Br J Clin Pharmacol 2015; 80: 285–293.
  • Aslan AN et al. Severe jaundice due to intrahepatic cholestasis after initiating anticoagulation with rivaroxaban. Blood Coagul Fibrinolysis 2016; 27: 226-7.

Link
Interazioni: Rivaroxaban

Ultimo aggiornamento: 04 aprile 2016