Un raro caso di danno epatico colestatico indotto da cefepime

A cura di Alessandra Russo. Specialista in Tossicologia Medica. Messina
 
Le cefalosporine sono antibiotici ampiamente utilizzati e di solito ben tollerati. Tuttavia, sono stati riportati casi di danno epatico indotto da questa classe di farmaci (1-6).
Il cefepime, una cefalosporina di quarta generazione somministrata per via parenterale, ha un ampio spettro di azione, viene prescritto per una serie di infezioni acquisite in ospedale ed è associato a poche reazioni avverse, di solito a livello neurologico e renale.
Di seguito viene descritto il caso di un paziente anziano, non affetto in precedenza da epatopatia, che sviluppò un’epatite colestatica dopo essere stato trattato con cefepime (7).
 
Caso clinico
Un uomo di 93 anni si presentò al pronto soccorso di un ospedale universitario, riferendo l’insorgenza di dispnea progressiva e senso di affaticamento generale da 4 giorni.
Inoltre, il paziente lamentava vertigini, dispnea da sforzo, tosse produttiva e scarso appetito.
L’uomo era affetto da demenza, broncopatia cronica ostruttiva (chronic obstructive pulmonary disease, COPD), diabete mellito, insufficienza cardiaca congestizia (classificazione funzionale New York Heart Association, NYHA, III) ed anemia macrocitica senza una diagnosi precisa da 6 anni.
Inoltre, assumeva alcuni supplementi a base di ferro e vitamine come prodotti da banco.
Negli ultimi due anni, aveva sviluppato una frequente dispnea anche a riposo, malessere generale, che derivava da un’anemia severa con livelli di emoglobina che erano scesi di 3-4 g/dl, ed episodi di esacerbazione acuta della COPD.
Stava ricevendo trasfusioni di sangue, inizialmente una volta ogni 2 mesi, ma che erano aumentate ad ogni 2 settimane negli ultimi due mesi.
Era un ex-fumatore e aveva fumato 1 pacchetto al giorno per 40 anni, ma aveva smesso 30 anni prima.
Non aveva una storia di epatopatia, consumo eccessivo di alcool, recenti viaggi, infezioni, né una storia di esposizione a farmaci per via endovenosa né esposizione ambientale.
Era stato ricoverato due volte per polmonite (2 anni prima e 3 mesi prima): durante il primo ricovero il paziente era stato trattato con cefuroxima e la seconda volta con amoxicillina (875 mg) più acido clavulanico (125 mg) per via endovenosa.
Negli ultimi due anni, al paziente erano stati somministrati altri farmaci tra cui soluzioni di ipratropio bromuro e terbutalina tramite nebulizzatore, metilprednisolone e furosemide per via endovenosa ogni qualvolta si recava al pronto soccorso per ricevere trasfusioni di sangue e si verificavano episodi di esacerbazione acuta della COPD.
 
Alla visita al pronto soccorso, il paziente non aveva febbre, era vigile, il battito cardiaco era regolare (92 battiti/minuto), le congiuntive erano pallide ed erano presenti lievi sibili.
Non era presente linfoadenopatia, né epatosplenomegalia.
I risultati degli esami di laboratorio mostrarono la presenza di una severa anemia normocitica (Hb 4,5 g/dl), mentre i leucociti e le piastrine erano nella norma.
Il livello serico della bilirubina totale era lievemente elevato (1,28 mg/dl), mentre i livelli degli enzimi epatici e il profilo renale erano nella norma.
Risultavano elevati i livelli di proteina C reattiva (C-reactive protein, CRP, 1,38 mg/dl) e di peptide natriuretico (2905 pg/ml).
Una radiografia toracica evidenziò la presenza di infiltrazione interstiziale reticolare a livello dei campi polmonari subpleurici e inferiori bilaterali.  Non c’erano modifiche rispetto a 2 mesi prima.
La saturazione periferica dell’ossigeno (peripheral oxygen saturation, SpO2) era 98% all’inizio, ma 1 ora dopo l’arrivo si svilupparono sibili diffusi con SpO2 88%.
Nonostante la somministrazione di ossigeno, ipratropio e terbutalina, il paziente entrò in uno stato stuporoso e, tramite misurazione dei gas a livello del sangue arterioso, fu evidenziato uno stato di acidosi respiratorio ed ipossiemia (pH 7,276; PaCO2 63,3 mmHg; PaO2 46,2 mmHg).
Il paziente fu sottoposto ad intubazione e trasferito presso l’Unità di Terapia Intensiva (Intensive Care Unit, ICU) tre ore dopo il suo arrivo. Al momento del trasferimento in ICU, erano presenti tachicardia sinusale (124 battiti/minuto) e febbre (38,5°C).
Anche se la radiografia toracica dopo intubazione non mostrava nuove lesioni polmonari, né edema polmonare, al paziente fu somministrata cefuroxima per via endovenosa, in quanto si sospettava un’infezione delle vie aeree inferiori.
Inoltre, furono somministrati ipratropio e terbutalina, associati a ventilazione meccanica per l’esacerbazione acuta della COPD con insufficienza respiratoria ipercapnica.
Per l’insufficienza cardiaca il paziente venne trattato con furosemide e candesartan.
Al terzo giorno di degenza, il distress respiratorio era migliorato e la terapia con broncodilatatori venne sostituita con salmeterolo (25 mcg) + fluticasone (125 mg).
All’inizio, l’esame colturale del sangue, delle urine e dello sputo risultò negativo; pertanto, il trattamento con cefuroxima venne sospeso 1 settimana dopo il ricovero.
Le indagini effettuate relative all’anemia non mostrarono sanguinamenti in atto e il test del sangue occulto nelle feci risultò negativo.
L’indice di produzione di reticolociti era 0,1.
Non c’erano evidenze di emolisi intravascolare né extravascolare.
I livelli di vitamina B12, folato e ferro erano superiori alla norma:

  • Vitamina B12: 3876 pg/ml (range normale: 211–911 pg/ml);
  • Folato: 44 ng/ml (range normale: >5,31 ng/ml);
  • Ferro: 196 μg/ml (range normale: 65–175 μg/ml).

I livelli ematici di ferritina erano aumentati (6237,7 ng/ml; range normale 22–322 ng/ml), mentre risultò inferiore alla norma la capacità totale di legare il ferro (204 μg/ml; range normale 250–450 μg/ml). La saturazione della transferrina risultò pari al 96% e i livelli ematici di lattico deidrogenasi erano pari a 222 UI/ml.
Il paziente rifiutò la biopsia del midollo osseo.
Risultarono lievemente aumentati altri esami di laboratorio, tra cui AST (43 U/L), fosfatasi alcalina (163 IU/L) e gamma-GT (326 IU/mL).
I livelli ematici di albumina erano 3 g/dL e i livelli di ALT e della bilirubina diretta erano normali (40 U/L e 0,68 mg/dl, rispettivamente).
Gli esami di laboratorio relativi ai virus dell’epatite B e C risultarono negativi e i livelli ematici dei marker tumorali erano nei limiti della norma.
L’ecografia evidenziò la presenza di un piccolo polipo nella colecisti, ma per il resto era tutto nella norma. Non era presente splenomegalia né congestione della vena porta.
Per evitare ulteriore sovraccarico di ferro, il paziente fu sottoposto a trasfusione di sangue per mantenere i livelli di emoglobina a 7-8 g/dl.
Nelle successive 3 settimane, il paziente venne trattato per polmonite con ceftazidima; dopo alcuni giorni fu somministrata teicoplanina e venne effettuata una seconda trasfusione.
Al 25° giorno, il paziente fu trattato con cefepime per la ricomparsa di febbre (38,2°C) per una polmonite da Pseudomonas aeruginosa.
Al 32° giorno, comparve ittero associato ad un’alterazione del colore delle urine. Non era presente anoressia, né vomito, dolore addominale, mentre le feci erano di colore marrone scuro.
Le sclere erano gialle e le congiuntive pallide.
La pressione era 131/74 mmHg e il ritmo cardiaco era regolare (80 battiti al minuto). La frequenza respiratoria era 18 atti/minuto e la SpO2 96%.
Non c’erano segni di faringite, né linfoadenopatia a livello del collo, né epatosplenomegalia, rash cutaneo o petecchie.
L’emocromo era nella norma, così come i test di funzionalità renale.
Era presente invece iperbilirubinemia (bilirubina totale 9,53 mg/dl), ALT 86 U/L, AST 104 U/L, fosfatasi alcalina 515 U/L e γGT 707 IU/L.
Altri esami di laboratorio (albumina serica, tempo di protrombina e i test di funzionalità tiroidea) erano nei limiti della norma.
Un’ecografia addominale non evidenziò la presenza di alterazioni a livello delle strutture epatobiliari.
 
Fu sospettato che il trattamento con cefepime avesse determinato l’alterazione dei test di funzionalità epatica.
La terapia venne interrotta e venne sostituita con ciprofloxacina (400 mg BID per via endovenosa) e colistina (133,6 mg ogni 8 h per via inalatoria).
Quattro giorni dopo l’interruzione del trattamento con cefepime, i livelli di bilirubina iniziarono a diminuire (bilirubina totale 3.67 mg/dl; bilirubina diretta 2,29).
Al 64° giorno, i livelli di bilirubina ((1.04 mg/dl) e di ALT (50 U/L) rientrarono nei parametri della norma e i livelli di AST scesero a 56 U/L.
Il picco dei livelli di fosfatasi alcalina (523 IU/L) si ebbe 4 giorni dopo l’interruzione del trattamento con cefepime, per poi scendere a al 49° giorno (490 IU/L).
In seguito il paziente ricevette un’altra trasfusione.
Il giorno 43 il paziente fu staccato gradualmente dal ventilatore meccanico e dopo 1 mese venne dimesso.
Nel caso descritto, dal momento che i livelli di bilirubina gradualmente migliorarono dopo l’interruzione del trattamento, il cefepime è stato considerato la causa dell’epatopatia colestatica. 

Bibliografia

  1. Ammann R, et al. Cephalosporin-induced cholestatic jaundice. Lancet 1982; 2: 336–7.
  2. Bilici A, et al. A rare case of hepatitis associated with cefprozil therapy. Scand J Infect Dis 2007; 39: 190–2.
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  5. Peker E, et al. Ceftriaxone-induced toxic hepatitis. World J Gastroenterol 2009; 15: 2669–71.
  6. Agrawal A, et al. Cephalexin induced cholestatic jaundice. Case Rep Gastrointest Med 2014; 2014: 260743.
  7. Liao PF, et al. A rare case of cefepime-induced cholestatic liver injury. Ci Ji Yi Xue Za Zhi 2019; 31: 124-128.

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Ultimo aggiornamento: 12 giugno 2019