Ipomagnesemia ed ipocalcemia associata ad inibitori di pompa protonica

A cura di Alessandra Russo. Specialista in Tossicologia Medica. Messina

Caso clinico tratto da Australian Prescriber (2017; 40: 79-80)

Un uomo di 81 anni con vertigini e parestesie alle braccia e alle gambe. L’anamnesi remota rivelò una storia di cardiopatia ischemica, reflusso gastroesofageo, insufficienza renale cronica, ipertensione e feci molli da molti anni.

Il paziente era in trattamento con aspirina (100 mg/die), perindopril (10 mg/die), amlodipina (10 mg/die), rosuvastatina (20 mg/die), omeprazolo (20 mg/die) e furosemide (40 mg/die).

L’esame obiettivo non evidenziò nulla di rilevante, tranne che un’andatura instabile.

Gli esami di laboratorio evidenziarono i seguenti risultati:

–    Emocromo completo normale

–    Creatinina 142 micromol/L (valori normali, V.N., 64–108)

–    Velocità di filtrazione glomerulare 40 mL/minute (V.N. >60)

–   Potassio 3,5 mmol/L (V.N. 3,5–5,2)

–   Sodio 142 mmol/L (V.N. 135–145)

–   Calcio 1,10 (V.N. 2,10–2,60)

La presenza di ipocalcemia grave ha indotto a misurare i livelli di magnesio e di paratormone, i cui risultati furono i seguenti:

–   Magnesio 0,19 mmol/L (0,70–1,10)

–   Fosfato 1,87 mmol/L (0,75–1,50)

–   Paratormone 3,7 pmol/L (1,0–7,0)

L’inibitore di pompa protonica è stato ritenuto il principale responsabile dell’ipomagnesemia, ma la lunga storia di feci molli, l’uso concomitante di furosemide e l’insufficienza renale cronica potrebbero aver contribuito.

Pertanto, fu interrotto il trattamento con omeprazolo mentre furono ripristinati adeguatamente gli elettroliti. Tuttavia, a causa della presenza di sintomi da reflusso, gli venne prescritta una terapia con ranitidina. Il trattamento con tutti gli altri farmaci fu continuato. Una settimana dopo, i livelli serici di magnesio e calcio risultarono nella norma.

Il paziente venne nuovamente ricoverato 9 giorni dopo le dimissioni a causa di un’ulcera duodenale sanguinante, che ha reso necessaria l’esecuzione di un’endoscopia urgente e una successiva embolizzazione.

Venne ricominciata una terapia con inibitori della pompa protonica (pantoprazolo); tuttavia, i livelli di magnesio scesero nuovamente. Le concentrazioni di magnesio furono mantenute inizialmente con supplementi per via endovenosa, ma scesero a 0,51 mmol/L una volta interrotta la somministrazione endovenosa di tali supplementi, nonostante l’assunzione orale di magnesio solfato 1 g 3 volte al giorno. In seguito, i livelli rimasero intorno a quel valore con la somministrazione orale di tale supplemento.

Key point

–    L’ipomagnesemia è un raro effetto avverso di classe, potenzialmente grave, associato agli inibitori di pompa protonica, che probabilmente viene poco riconosciuto. L’ipomagnesemia viene accompagnata di solito da ipocalcemia, ipokaliemia e ipoparatiroidismo funzionale.

–    In questo caso il ripristino dei valori normali, avvenuto dopo l’interruzione del trattamento con l’inibitore di pompa protonica, e la recidiva verificatasi alla ripresa della terapia rafforzano un’associazione causale.

–   È sempre più in aumento il numero di case report, case series ed analisi retrospettive relative ad ipomagnesemia associata ad utilizzo prolungato di inibitori di pompa protonica.

In un’analisi pubblicata nel 2015, è stata evidenziata la segnalazione di tale associazione in 64 individui (1). In alcuni casi si sono verificate aritmie ventricolari che hanno messo in pericolo la vita (torsione di punta).

Una ricerca condotta nell’Australian Therapeutic Goods Administration Database of Adverse Event Notifications nell’agosto 2016 ha evidenziato la presenza di 22 segnalazioni australiane di ipomagnesemia. Erano implicati tutti gli inibitori di pompa protonica. Nella maggior parte delle segnalazioni era riportata anche ipocalcemia in concomitanza.

In uno studio di coorte condotto su 366 pazienti ospedalizzati con ipomagnesemia, l’uso corrente di un inibitore di pompa protonica è stato associato ad un aumento del rischio di ipomagnesemia del 43% (odds ratio aggiustato 1,43; IC 95% 1,06–1,93). Il rischio risultava aumentato nei soggetti in trattamento concomitante con diuretici. Non è stata osservata alcuna associazione con gli antagonisti anti-H2 (2).

–    L’ipomagnesemia di solito si osserva in pazienti di età >50 anni che stanno seguendo un trattamento prolungato (>1 anno). È più frequente quando sono presenti altri fattori che pososno ridurre i livelli di magnesio, come la terapia concomitante con diuretici tiazidici o diuretici dell’ansa, abuso di alcool e scarsa funzionalità renale. I sintomi possono includere letargia, debolezza muscolare, crampi, spasmi alle mani ed ai piedi, convulsioni ed aritmie. L’ipomagnesemia sembra essere un effetto di classe.

–    L’ipomagnesemia causa ipocalcemia. Ciò è dovuto probabilmente ad interferenza con la trasduzione del segnale del recettore sensibile al calcio, ad inibizione del rilascio di paratormone e a resistenza al paratormone.

Sia l’ipomagnesemia che l’ipocalcemia sono associate ad escrezione urinaria molto bassa di magnesio e calcio. L’escrezione urinaria di potassio indotta dall’ipomagnesemia è la causa dell’ipokaliemia (3).

Il meccanismo suggerito è rappresentato da un’alterazione dell’assorbimento attivo e passivo del magnesio (4).

Bibliografia

1.      Janett S, et al. Hypomagnesemia induced by long-term treatment with proton-pump inhibitors. Gastroenterol Res Pract 2015; 2015: 951768.

2.      Zipursky J, et al. Proton pump inhibitors and hospitalization with hypomagnesemia: a population-based case-control study. PLoS Med 2014; 11: e1001736.

3.      Hoorn EJ, et al. A case series of proton pump inhibitor-induced hypomagnesemia. Am J Kidney Dis 2010; 56: 112-6.

4.      Toh JW, et al. Hypomagnesaemia associated with long-term use of proton pump inhibitors. Gastroenterol Rep (Oxf) 2015; 3: 243-53.

 

Link

–   Ipomagnesemia indotta da inibitori di pompa protonica

–   Effetti avversi associati ad inibitori di pompa protonica

Ultimo aggiornamento: 08 maggio 2017